
non-fiction

Mutazioni in Borderland

Mapping

Io, l’autore e il narratore

Nota critica: Walter J. Ong – Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola

Towards a definition of multimediality

Narrativa ipertestuale? Non ancora, grazie!

Prime navigazioni in rete: introduzione alle reti informatiche

Protected: Augmented Learning – The development of a learning environment in augmented reality
fiction
Narrativa ipertestuale? Non ancora, grazie!
Published in: Internet News 7 (July 1999). Milano: Tecniche Nuove. 52-55. | magazine version |
Nel 1992 appare in “The New York Times Book Review” un articolo, The End of Books, sull’evoluzione delle forme letterarie. Lì Robert Coover, scrittore americano, attento critico letterario e sperimentatore di linguaggi innovativi, preannuncia la fine del libro. Il libro –ci fa intendere Coover– non è solo carta e inchiostro, sequenze di parole organizzate; il libro presuppone e impone certi modi peculiari di costruire il mondo: un vedere e un pensare e un organizzare le cose del mondo –eventi, persone, idee, storie– attraverso una logica, quella lineare, inventata dai Greci e tramandata fin dentro ai nostri giorni. Ma nell’era di Internet e del cyberspace il libro, in quanto macchina culturale, ha perso la sua forza. Ora ci sono nuovi modi per dare forma al mondo: l’ipertesto, e una logica non lineare che l’ipertesto impone; questi sono gli strumenti più adeguati per dare concretezza alle esigenze comunicative del futuro.
Verso la cultura dell’ipertesto A caccia di risposte proviamo ad accostarci per gradi all’idea della morte del libro. A Subjective Chronology of Literary Hypertext compilata da Stuart Moulthrop, autore di spicco dell’ipernarrativa, è una breve storia degli sviluppi del lavoro creativo nel settore ipertestuale e ipermediale e ci aiuta a identificare gli eventi, letterari e non, che dal 1945 in poi hanno contribuito in modo significativo a trasformare la narrativa classica in quella narrativa ipertestuale che ora troviamo sul Web. Anche The Libyrinth, ci mostra, pur se indirettamente, l’agonia del libro o, quantomeno, della narrativa a stampa. Navigando nel sito, peculiare e affascinante, scopriamo il lavoro di scrittori di questo secolo quali Joyce, Pynchon, Kafka, Borges, Barth, Robbe-Grillet e Perec. Così ci è più facile capire la loro frustrazione nei confronti di regole compositive imposte dalla pagina stampata e l’ansia di sperimentare nuove forme espressive per trascendere quelle regole. Se vogliamo approfondire l’aspetto più teorico dell’ipertestualità non possiamo evitare un salto anche al sito della Brown University, http://www.stg.brown.edu/projects/hypertext/landow/cpace/cspaceov.html L’ipernarrativa Va subito detto che leggere ipernarrativa non è facile, a volte non è neppure piacevole; molti lettori affermano di provare un senso di vertigine e smarrimento. La sensazione è quella di non saper più leggere, di non saper capire ciò che il testo sembra volerci raccontare. Va anche precisato però che non si può far ricadere soltanto sui lettori la colpa di questo disagio. E questo perché se gli ipertesti narrativi su Internet sono molti, molti meno sono quelli che funzionano sul serio, e pochi quelli apprezzabili per le loro qualità letterarie. Per chiudere il cerchio aperto all’inizio, ora chiediamoci di nuovo: il libro è morto? La cultura ipertestuale ha già soppiantato quella fondata e sviluppata sul libro? La risposta è incerta. Forse sì. Forse non ancora. Forse assisteremo a una corsa parallela, libro e ipertesto insieme a comporre un sapere multiforme. Di sicuro la creatività modulata attraverso gli ipertesti non ha ancora acquisito sufficiente maturità espressiva. Così ci sembra giusto concludere con le parole di Miguel Angel Garcia, scrittore egli stesso di libri e ipertesti, in una sua intervista rilasciata sul sito Mediamente http://www.mediamente.rai.it/english/bibliote/intervis/g/garcia.htm |
Published in: Internet News 7 (July 1999). Milano: Tecniche Nuove. 52-55. | |
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Nel 1992 appare in “The New York Times Book Review” un articolo, The End of Books, sull’evoluzione delle forme letterarie. Lì Robert Coover, scrittore americano, attento critico letterario e sperimentatore di linguaggi innovativi, preannuncia la fine del libro. Il libro –ci fa intendere Coover– non è solo carta e inchiostro, sequenze di parole organizzate; il libro presuppone e impone certi modi peculiari di costruire il mondo: un vedere e un pensare e un organizzare le cose del mondo –eventi, persone, idee, storie– attraverso una logica, quella lineare, inventata dai Greci e tramandata fin dentro ai nostri giorni. Ma nell’era di Internet e del cyberspace il libro, in quanto macchina culturale, ha perso la sua forza. Ora ci sono nuovi modi per dare forma al mondo: l’ipertesto, e una logica non lineare che l’ipertesto impone; questi sono gli strumenti più adeguati per dare concretezza alle esigenze comunicative del futuro.
Verso la cultura dell’ipertesto A caccia di risposte proviamo ad accostarci per gradi all’idea della morte del libro. A Subjective Chronology of Literary Hypertext compilata da Stuart Moulthrop, autore di spicco dell’ipernarrativa, è una breve storia degli sviluppi del lavoro creativo nel settore ipertestuale e ipermediale e ci aiuta a identificare gli eventi, letterari e non, che dal 1945 in poi hanno contribuito in modo significativo a trasformare la narrativa classica in quella narrativa ipertestuale che ora troviamo sul Web. Anche The Libyrinth, ci mostra, pur se indirettamente, l’agonia del libro o, quantomeno, della narrativa a stampa. Navigando nel sito, peculiare e affascinante, scopriamo il lavoro di scrittori di questo secolo quali Joyce, Pynchon, Kafka, Borges, Barth, Robbe-Grillet e Perec. Così ci è più facile capire la loro frustrazione nei confronti di regole compositive imposte dalla pagina stampata e l’ansia di sperimentare nuove forme espressive per trascendere quelle regole. Se vogliamo approfondire l’aspetto più teorico dell’ipertestualità non possiamo evitare un salto anche al sito della Brown University, http://www.stg.brown.edu/projects/hypertext/landow/cpace/cspaceov.html L’ipernarrativa Va subito detto che leggere ipernarrativa non è facile, a volte non è neppure piacevole; molti lettori affermano di provare un senso di vertigine e smarrimento. La sensazione è quella di non saper più leggere, di non saper capire ciò che il testo sembra volerci raccontare. Va anche precisato però che non si può far ricadere soltanto sui lettori la colpa di questo disagio. E questo perché se gli ipertesti narrativi su Internet sono molti, molti meno sono quelli che funzionano sul serio, e pochi quelli apprezzabili per le loro qualità letterarie. Per chiudere il cerchio aperto all’inizio, ora chiediamoci di nuovo: il libro è morto? La cultura ipertestuale ha già soppiantato quella fondata e sviluppata sul libro? La risposta è incerta. Forse sì. Forse non ancora. Forse assisteremo a una corsa parallela, libro e ipertesto insieme a comporre un sapere multiforme. Di sicuro la creatività modulata attraverso gli ipertesti non ha ancora acquisito sufficiente maturità espressiva. Così ci sembra giusto concludere con le parole di Miguel Angel Garcia, scrittore egli stesso di libri e ipertesti, in una sua intervista rilasciata sul sito Mediamente http://www.mediamente.rai.it/english/bibliote/intervis/g/garcia.htm |
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